Villa Farnesina
Sala del Fregio
La sala, un locale destinato a sala d’aspetto per gli ospiti ma anche a importanti cerimonie come la lettura del testamento del banchiere, è così denominata dal fregio che corre in alto lungo le pareti.
Ne è autore Baldassarre Peruzzi, che lo affrescò intorno al 1508 raffigurando, con evidente allusione allegorica alle virtù del committente, le dodici fatiche di Ercole sul lato nord e in parte sul lato est, e altre imprese dell’eroe, nonché vari episodi mitologici (il ratto di Europa, Apollo e Marsia, Orfeo e Euridice…) che si susseguono senza soluzione di continuità.
Nell’Ottocento la Villa Farnesina rientra tra i luoghi più visitati a Roma dagli studiosi di tutta Europa. Nel 1861 Francesco II di Borbone incarica l’architetto Antonio Sarti e il pittore Tommaso Minardi di redigere due rapporti rispettivamente sullo stato della fabbrica della Farnesina e sullo stato degli affreschi. A seguito di tale perizia piuttosto allarmante il Duca di Ripalda tra il 1863 e il 1866 si fece promotore di una serie di interventi di riqualificazione sotto la direzione degli architetti Antonio Cipolla e Antonio Sarti.
L’architetto Antonio Cipolla (1820-1874) fu architetto di fiducia dei Borbone e in questa veste restaurò sia il Palazzo Farnese sia la Villa Farnesina. Davanti alla necessità di rispettare il carattere di due dei più rilevanti esempi dell’architettura cinquecentesca scelse di procedere secondo il doppio registro del restauro dei grandi cicli pittorici e della trasformazione di ambienti anonimi e senza particolari caratterizzazioni in luoghi degni di una corte, ma in armonia con la tradizione cinque-seicentesca.
Il clima romano in questo momento era pienamente in sintonia con un simile atteggiamento culturale come attestano tra le altre iniziative il completamento delle Logge di Raffaello e i restauri delle chiese paleocristiane promossi da Pio IX e culminati nella grandiosa impresa di San Paolo Fuori le Mura.
La scelta delle decorazioni a finto tendaggio volute dal Duca di Ripalda sembra perpetuare l’uso del parato come scelta condizionante poi l’arredo, la percezione, l’uso e persino la vita delle sale del palazzo.
Nella sala, come nella Loggia di Galatea, (dove al centro si staglia lo stemma in mosaico del Duca di Ripalda) è presente una pavimentazione eseguita in graniglia o “seminato alla veneziana”. Una tecnica antica, diffusa a Genova e Venezia già in epoca rinascimentale esportata poi in Centro Italia e all’estero per decorare l’interno di palazzi nobiliari.












